servizio esodo

Ho visto la disgrazia del mio popolo,
 ho ascoltato il suo lamento ed ho preso a cuore la sua sofferenza. 
Sono venuto a liberarlo dalla schiavitù.

(Esodo, 3, 7-8)

Il Servizio Esodo nasce nel 1990 per volontà di don Fausto Resmini, con l’obiettivo di porsi accanto agli “ultimi della fila”. Nasce come “servizio segno” dell’Associazione Diakonia della Caritas diocesana bergamasca, in collaborazione col settore Politiche Sociali del Comune di Bergamo. Dal 2005 il Servizio Esodo è gestito interamente dal Patronato San Vincenzo.

Il Servizio Esodo è rivolto a persone che si trovano in una condizione di emarginazione e, nella maggior parte dei casi, non hanno fissa dimora e orbitano nei pressi della stazione delle autolinee di Bergamo. È un servizio rivolto a tutti coloro che ne necessitano e non pone barriere di ingresso a chi ne vuole usufruire. Cibo, vestiario, accoglienza, assistenza sanitaria e legale precedono ogni vincolo ed ogni discorso. Partendo dalla riduzione dei criteri di accesso, il Servizio Esodo ricerca la vicinanza con l’utenza e si prefigge di facilitare la creazione ed il mantenimento della relazione d’aiuto.

Contesto e target

Durante questi anni di lavoro in strada, si è potuto constatare come il disagio e la marginalità non tocchino più solo una parte esterna e periferica della nostra società ma investono, sempre più, anche il centro. Ci sono oggi molte persone che vedono interrompersi il loro percorso di “normalità” a causa del sovrapporsi di più fattori inattesi che, intrecciandosi tra loro, determinano una “caduta verso il basso”, uno scivolare lento che può portare il soggetto verso la vita di strada.

Ecco che allora accanto alle forme estreme di grave emarginazione, con le quali il Servizio Esodo si misura da anni (tossicodipendenti vecchi e nuovi, ex carcerati senza punti di riferimento, alcolisti, progetti migratori falliti, soggetti con problemi psichici etc.) sta crescendo una fascia di popolazione, ampia e diversificata, che vive uno stato di insicurezza e precarietà costante.

Si parla oggi di persone in stato di vulnerabilità, ovvero soggetti che hanno sempre vissuto una condizione di “normalità” e che cadono in difficoltà, economica e relazionale, a causa di un avvenimento destabilizzante.
Sono persone che vivono quotidianamente il pericolo della solitudine, dell’assenza di legami e dell’incapacità di controllare il proprio futuro; cittadini che percepiscono il rischio che la propria condizione peggiori a tal punto da trasformarsi in grave disagio. Crescono dunque quelle biografie in bilico tra una vita dignitosa e una sopravvivenza disperata.

Negli ultimi anni perciò, accanto alla figura del grave emarginato, si sono iniziate a sovrapporre una serie di figure che vivono una quotidianità di sopravvivenza e precarietà. La soglia che divide la zona dell’inclusione da quella dell’esclusione è continuamente attraversata da un numero sempre più elevato di individui.

le nostre

Attività